
Un amore a braccia aperte
È un gioco. Questa commedia è un vero gioco di smascheramento. I protagonisti si denudano per recuperare loro stessi. Ognuno di noi cade, nel corso della vita, nella trappola dell’identificazione. Identificazione col ruolo di padre, madre, marito, moglie, professionista. Ma dove va a finire ciò che realmente siamo? Dove finiamo noi? Rimaniamo sotterrati, schiacciati da una miriade di immagini che paiono reali. Non lo sono, però. Sono indumenti che la società ci fa indossare. Gli attori interpretano un ruolo, ma finita la rappresentazione se lo scrollano di dosso. Noi no. Noi ci immedesimiamo e non ne usciamo più. Crediamo fermamente di essere soltanto ciò che ci facciamo cucire sull’anima fino a smarrirci. Soffriamo quando qualcuno critica quella nostra veste. Perché crediamo di essere quella veste. Ma non è così. Noi siamo di più. Questa commedia è un gioco, dicevo. Un gioco che dovremmo fare ogni giorno: spogliarci. Guardare quei vestiti con il sano distacco di chi non si lascia maltrattare, di chi sa di essere altro. Molto altro.
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